Cospirazionismo, retorica antimigranti, teorie del complotto. E’ un network che lega decine di paesi, dall’Ucraina agli Usa. Passando per l’Italia
Sono stati quasi 800 gli attacchi violenti organizzati da esponenti dell’estrema destra, tra il 1990 e il 2018, nella sola Europa occidentale. Ben 112 solo nel 2019, il secondo anno per intensità della violenza. Numeri ai quali vanno aggiunte le azioni negli Stati Uniti, in Nuova Zelanda e in America Latina, aree dove le organizzazioni neofasciste stanno crescendo. Secondo i dati dell’FBI negli Usa, dal 2000 al 2016, i gruppi neonazisti e suprematisti bianchi “sono stati responsabili di 49 omicidi in 26 attacchi”.
E’ un quadro sempre più grave, documentato da diverse ricerche accademiche di Università e centri studi che si occupano di organizzazioni dell’estrema destra. La presenza – e lo scontro – della galassia “alt-right”, sovranista, nazionalista e identitaria, non riguarda solamente le reti social e la disinformazione. Raggiunge le strade, diventa visibile nelle piazze e, nei casi più estremi, agisce dietro i “lupi solitari”, come nel caso della strage di Christchurch, in Nuova Zelanda.
Dal 2014 in poi la rete internazionale nera si è ampliata, mettendo in connessione gruppi, più o meno organizzati, in quasi tutti i continenti. Una galassia, una nebulosa, con link basati su condivisione di contenuti, di organizzazioni e di reti commerciali.
La mappa
Tra Regno Unito e Usa il movimento neofascista e suprematista bianco ha avuto una decisa crescita negli ultimi dieci anni. Accanto a gruppi tradizionali, come il forum neonazista statunitense Stormfront (legato all’area del Ku Klux Klan), nell’ultimo periodo dell’amministrazione Trump negli Stati Uniti sono apparse vere e proprie milizie armate, come i Proud Boys. In Gran Bretagna c’è una tradizionale destra neofascista, influenzata, negli anni ’80, da Terza posizione. In Germania, nell’area della destra estrema, prevale sempre di più il ritorno della simbologia neonazista, con gruppi organizzati e forti connessioni internazionali. In Nord Europa ha un peso significativo il gruppo norvegese Nordic Resistance Movement.
Particolare attenzione merita l’area dell’Europa orientale. Dall’Ucraina e dalla Russia provengono le organizzazioni apertamente neonaziste oggi più attive, in grado di reclutare alleati nell’Europa occidentale, Italia compresa.
E’ un network questo unito da una narrativa apocalittica, basata su tre filoni: la grande sostituzione, il genocidio bianco e il reset o giorno x. Un collante ideologico, ma che è stato in grado di creare basi solide anche a livello organizzativo e commerciale.
La galassia cospirazionista
Il tema dei migranti (e della relativa narrazione della “sostituzione etnica”) e dell’antifemminismo tradizionalmente hanno sempre fatto parte della linea cospirazionista (con forti accenti antisemiti) diffusa attraverso il cappello ideologico del ZOG, acronimo di “Zionist Occupied Government), divenuto poi nel tempo il NWO, ovvero “New World Order”. L’ossessione – di matrice neonazista e neofascista – di un grande complotto ebraico per il governo del mondo è un filone antichissimo, mai archiviato. In epoca più recente, questa matrice è stata camuffata con un più generico “governo delle élite”, ambito che viene legato – nella narrazione della destra – alla sinistra.
Da questo cappello ideologico deriva la narrativa del “Day X”, ovvero la guerra civile tra i “bianchi” e i loro nemici, categoria che incluse i mussulmani, gli ebrei, le femministe, i gruppi LGBT, le Ong e chi difende i diritti delle minoranze e dei migranti.
Questo apparato cospirazionista ed ideologico è riscontrabile nei casi di attacchi terroristici compiuti negli ultimi anni dai cosiddetti “lupi solitari” (l’azione di Anders Behring Breivik, Norvegia, attacco al campo dei democratici, 2011; Pittsburgh, Usa, 2018, attacchi alla sinagoga; Christchurch, Nuova Zelanda, 2019, attacco alle moschee; Poway, Usa, 2019, attacco alla sinagoga; El Paso, Usa, 2019, attacco a migranti; Oslo, Norvegia, 2019, attacco a migranti; Halle, Germania, 2019, attacco a sinagoga e migranti). E’ però anche il carburante dei network internazionali dell’estrema destra, che si attirano e collegano seguendo queste piattaforme. Le teorie complottistiche diventano poi la giustificazione del atti violenti, presentati come forma di autodifesa della “razza bianca”.
L’episodio più noto, l’azione di Breivik del 2011, si era ispirata a sua volta all’azione del 1995 in Usa di Timothy McVeigh, il protagonista dell’attentato terroristico di Oklahoma City (azione condotta con un furgone con 2300 chili di esplosivo, che portò alla morte di 168 persone). I due terroristi nei loro manifesti facevano riferimento al racconto del 1978 “I diari di Turner”, che descrive uno scenario apocalittico post nucleare, con una guerra tra diverse razze, chiamata “Racial Holy War”, ovvero “RAHOWA”. Acronimo, questo, che spesso è impresso negli adesivi e nei Meme dei gruppi suprematisti statunitensi. Secondo alcune statistiche diffuse nei siti suprematisti, sarebbero state vendute 500 mila copie del libro; oggi il testo è diffuso gratuitamente sui canali social. L’autore, William Luther Pierce, è stato il fondatore della National Alliance, gruppo neonazista Usa.
Su questo scenario ideologico si è inserita la crisi migratoria degli ultimi anni. In questo filone si è diffusa la tesi del saggista francese Renaud Camus, autore della tesi de “Le Grand Remplacement”, la grande sostituzione: le élite, attraverso la migrazione dei popoli africani verso l’Europa, puntano a sostituire i nativi bianchi e cristiani, sostiene il pensatore francese. Tesi, questa, che unisce il complottismo e la guerra razziale, in una sintesi divenuta un facile prodotto di marketing politico.
La rete che parte dall’Ucraina
Le connessioni internazionali seguono tre filoni: la musica, il giro delle arti marziali “(MMA, ad esempio), le manifestazioni internazionali (vedi Polonia, la Lukov March in Sofia, Bulgaria, il Day of Honour in Budapest, Ungheria). Nell’ultimo anno la rete si sviluppata attorno a manifestazioni nazionali, ma coordinate, contro il lockdown. C’è, infine, il network del merchandising e dei brand di moda legati alla simbologia neonazista (ad esempio “White Rex”) oppure prodotti da aziende collgate con organizzazioni di estrema destra (è il caso dell’italiana “Pivert”).
Uno dei fulcri di questa rete è, almeno dal 2014, l’Ucraina. Il nazionalismo di Kiev è strettamente legato all’organizzazione militare Azov, che non nasconde la propria vicinanza all’ideologia neonazista. Sul fronte opposto – quello del Donbass – le truppo filo russe sono supportate dal movimento tradizionalista di Aleksander Dugin, attivista russo cresciuto all’interno delle organizzazioni di estrema destra e rossobrune moscovite, che basa la sua filosofia su Julius Evola e René Guénon.
A Kiev opera oggi la rete “Reconquista Europa”, legata a doppio filo con i nazionalisti di Azov. A partire dal 2010 il termine Reconquista inizia a essere utilizzato tra i movimenti di estrema destra europei come comun denominatore nelle lotte contro i migranti e gli stranieri.
In origine, il termine “Reconqusita” denotava l’emergere e l’espansione del dominio degli imperi cristiani nella penisola iberica nel Medioevo e la soppressione collaterale della sfera di potere musulmana (al-Andalus). Ma l’idea di un Kulturkampf tra un’Europa cristiana e un Oriente musulmano risuona con molti razzisti europei. Ad esempio, l’influente Movimento Identitario ha adottato il termine in una delle sue “grida di battaglia” durante raduni e manifestazioni già nel 2014: “Europa, Gioventù, Reconquista” ( Europa, Jugend, Reconquista ). Nel 2015 il termine appare nello scenario nazionalista in Ucraina, per la costruzione di un movimento paneuropeo che si rifà all’organizzazione neofascista italiana Terza Posizione, promossa dal battaglione Azov. I riferimenti ideologici sono quello classici della cultura fascista del XX secolo: Julius Evola, Ernst Jünger, Pierre Drieu la Rochelle, Oswald Mosley e Dominique Venner, di cui si è parlato alla conferenza Founding Paneuropa a Kyiv il 28 aprile 2017.
La dama nera di Kiev
Olena, Helena, Helen von Graven: i nomi dei profili Facebook cambiano man mano che i responsabili della piattaforma di Mark Zuckerberg chiudono le pagine di Olena Semenyaka, una delle protagoniste del nazionalismo ucraino. Nata nel 1987 si è laureata presso la Kiev National University-Mohyla Academy nel 2010 con una tesi sulla Rivoluzione conservatrice in Germania. Nello stesso anno è diventata assistente nel Dipartimento di Filosofia e Studi Religiosi nella stessa Università. Fa parte del consiglio di amministrazione del progetto di ricerca interdisciplinare “Politosophia” ed è a capo del club intellettuale e metapolitico “Plomin”.
Capelli neri, antifemminista convinta e cultrice del black metal è la donna più potente del neonazismo ucraino. Dal 2018 cura le relazioni internazionali del Corpo Nazionale (e leader di fatto dal 2016) il partito emanazione diretta del Battaglione Azov ma la sua stella inizia a brillare già nel 2014, durante le rivolte di piazza Maidan. Il suo nome allora compare in un articolo del Primato Nazionale a firma di Alberto Palladino, un reportage su quanto accade a Kiev in quel periodo. Un legame destinato a saldarsi nel corso degli anni. Semenyaka non fa mistero delle sue simpatie per il Terzo Reich, sul web circolano immagini che la ritraggono mentre fa il saluto romano dietro una bandiera con la svastica nazista. Posizione non rinnegata ma spiegata come strategia necessaria al reclutamento di militanti nella fase iniziale. Secondo quanto riferito dal sito Radio Free Europe il battaglione Azov, che ha come simbolo la runa Wolfsangel (gancio del lupo, lo stesso scelto da Terza posizione), ha usato un linguaggio “più radicale” durante il 2014, quando il battaglione Azov aveva bisogno di combattenti , “perché era richiesto dalla situazione”. In seguito la comunicazione è passata a un registro più moderato per fare appello a una base più ampia in Ucraina e all’estero: “Stiamo cercando di diventare mainstream senza compromettere alcune delle nostre idee fondamentali” aggiungendo che “le dichiarazioni radicali … spaventano di più la società”. Idee veicolate a un pubblico giovane e ampio attraverso la musica. Antisemitismo, violenza ed esaltazione di Adolf Hitler, unite a grafiche cupe e aggressive sono gli ingredienti che rendono appetibile ai più scatenati neonazisti la kermesse Asgardsrei.
Il black metal nazionalista
Asgardsrei non è solo il più importante festival internazionale di black metal nazionalista (NSBM) ma un luogo dove la rete nera europea si ritrova, cresce e si rafforza. A margine dei concerti si tengono conferenze politiche con la partecipazione di ospiti internazionali del calibro del suprematista statunitense Greg Johnson, bandito da quasi tutti i paesi europei tranne l’Ucraina.
Il nome deriva dall’album omonimo del gruppo Absurd, tra i più amati sulla scena del black metal nazionalista e dal 2012 sul palco si alternano gli Absurd stessi, i francesi Peste Noire , Goatmoon, M8L8TH e Nokturnal Mortum. La prima edizione si è tenuta a Mosca e dal 2014 la manifestazione si tiene al Bingo Club Kiev. A idearla l’estremista di destra russo Alexey Levkin, leader della band М8Л8ТХ e fondatore dell’ etichetta Militant Zone, che nel 2014 si è trasferito nella capitale Ucraina per seguire il battaglione Azov. L’ultima edizione si è svolta dal 13 al 15 dicembre 2019, quest’anno la pandemia ha costretto gli organizzatori ad annullare l’appuntamento sostituendolo con Heretic Fest, un evento di dimensioni ridotte, 200-300 persone, senza presenze dall’estero.
Casapound e l’Ucraina
Olena Semeyaka, molto attiva sui social, coltiva accuratamente le relazioni internazionali: alle conferenze Paneuropa prendono parte come relatori esponenti dei principali gruppi e partiti di estrema destra europei tra i quali i rappresentanti di Casapound Italia come Alberto Palladino. I fascisti del terzo millennio ricambiano l’invito e sulla piattaforma Tumblr l’account Interregnum-Intermarium è pubblicato il resoconto della visita a Roma in occasione della commemorazione di Acca Larentia del gennaio 2019. Le immagini scattate sulla terrazza del palazzo occupato di via Napoleone III e all’interno mostrano foto di gruppo con militanti del partito neonazista tedesco Der III Weg (Terza Via) e della milizia neonazista ucraina Karpatska Sich, che organizza campi di addestramento cui hanno preso parte anche i neofascisti di Casapound.
Per approfondire, consulta i report pubblicati sul database MemoriAttiva:
- Domestic Terrorism: An Overview (studio del Congresso Usa sul terrorismo interno)
- The ‘Great Replacement’: the violent consequences of mainstreamed extremism